Nel III secolo d.C., nell’antica Armenia, sotto la dominazione dell’Impero Romano, nacque un uomo straordinario: il nostro compatrono San Biagio.
Di origini pagane, studiò da giovane filosofia e poi medicina.
Esercitando la professione di medico, conobbe tanti cristiani e fu colpito dalla loro vita di fede e di carità al punto tale che, dopo meditazioni, decise di abbracciare la religione cristiana e ricevette il battesimo.
Ricco medico e fervente cristiano, Biagio attuò in pieno le opere di misericordia corporale e spirituale, distribuendo danari e medicine, curando gli ammalati e infondendo speranza agli infermi ed ai moribondi.
Dopo la morte del vescovo di Sebaste a causa della persecuzione dell’imperatore Massimino Daia contro i cristiani, il clero e il popolo lo elessero come suo successore.
Ricevette quindi l’ordinazione episcopale, divenendo vero e autentico maestro della fede, pontefice e pastore.
Come maestro della fede, insegnò ai discepoli le verità proprie del Credo cattolico, che egli gelosamente custodiva; come pontefice, collegò il cielo e la terra, perché la terra fosse assunta in cielo; come pastore, nutrì le pecorelle a lui affidate con la Parola di Dio e con il Sacramento dell’altare, celebrando l’Eucaristia con grande trasporto ed alta devozione, e difese il gregge dai numerosi ed insidiosi assalti del maligno.
Amante del sapere, progrediva nella conoscenza di Cristo e del creato, innamorandosi sempre più del Signore.
Svolgendo in maniera eccellente il suo ministero, il vescovo Biagio combattè efficacemente il paganesimo e l’idolatria in generale.
La sua persona e il suo operato furono osteggiati dal potere politico romano; infatti questo insigne prelato subì la persecuzione in prima persona, essendo capo di una comunità fiorente.
Colpendolo, i pagani miravano a disgregare la Chiesa locale e a riportare i fedeli al culto degli idoli.
Perciò, durante la persecuzione di Licinio in Oriente, nel 314, il Vescovo di Sebaste fu costretto a rifugiarsi in una grotta sul monte Argeo, non per timore della morte, ma perché doveva guidare, sia pur da lontano, il clero e tutti i fedeli della diocesi in quel difficilissimo periodo.
Ebbe il Presule così l’occasione di elevarsi ancor più a Dio, vivendo in armonia col creato.
Ma nel 315 alcuni pagani scoprirono il Vescovo, denunciandone il ritrovamento al prefetto Agricolao, il quale lo fece arrestare dai soldati.
Biagio fu quindi condotto a Sebaste, imprigionato, interrogato per tre volte e torturato atrocemente e nei modi più svariati, ma fortificato dallo Spirito Santo e confermato nella fede da molti miracoli avvenuti per sua intercessione e da interventi soprannaturali di Dio in suo favore, non rinnegò il Signore Gesù Cristo, che alla fine gli concesse la corona del martirio per decapitazione.
Era, secondo la tradizione, il 3 febbraio 316.
Don Antonio Cortina